WIPMI 2024 - L'età adulta del welfare aziendale. Le PMI pronte per il rinnovamento del welfare del Paese.
13/06/2024
Il 75% delle PMI (3 su 4) ha un livello almeno medio di welfare aziendale
La crescita del welfare aziendale negli ultimi 2 anni è diffusa e figura un nuovo protagonista: il Terzo Settore (51,3% degli enti raggiunge un livello di welfare elevato, contro una media generale del 33,3%)
Le PMI punto di riferimento per le comunità grazie alla diffusione sul territorio e alla vicinanza alle famiglie
Per il 18% delle PMI il welfare aziendale è una leva strategica di gestione dell’impresa
Il welfare aziendale contribuisce alla produttività e al successo economico
Assegnato il massimo rating 5W a 142 imprese Welfare Champion (22 nel 2017)
13 giugno. È stato presentato oggi a Roma il Rapporto Welfare Index PMI 2024 sullo stato del welfare nelle piccole e medie imprese italiane, giunto alla ottava edizione. L’iniziativa sullo stato del welfare nelle PMI italiane, è promossa da Generali Italia con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e con la partecipazione delle principali Confederazioni italiane Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato, Confprofessioni e Confcommercio. Si basa su un modello di analisi su dieci aree: 1) Previdenza e protezione, 2) Salute e assistenza, 3) Conciliazione vita-lavoro, 4) Sostegno economico ai lavoratori, 5) Sviluppo del capitale umano, 6) Sostegno per educazione e cultura, 7) Diritti, diversità, inclusione, 8) Condizioni lavorative e sicurezza, 9) Responsabilità sociale verso consumatori e fornitori, 10) Welfare di comunità.
Quest’anno hanno partecipato a Welfare Index PMI circa 7.000 imprese – più che triplicate rispetto alla prima edizione – di tutti i settori produttivi, di tutte le dimensioni e provenienti da tutta Italia. I risultati di Welfare Index PMI sono stati illustrati oggi a Roma alla presenza di: on. Eugenia Maria Roccella, Ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità; sen. Gaetano Nastri, Capo Questore del Senato; Giancarlo Fancel, Country Manager & Ceo Generali Italia; Massimo Monacelli, General Manager di Generali Italia; Giovanni Baroni, Vicepresidente Confindustria e Presidente Piccola Industria; Davide Peli, Presidente dei giovani imprenditori Confartigianato; Sandro Gambuzza, membro della Giunta Esecutiva, Confagricoltura; Gaetano Stella, Presidente Confprofessioni; Laura Bernini, Responsabile Settore Welfare pubblico e privato, Confcommercio; Barbara Lucini, Responsabile Country Sustainability & Corporate Responsibility di Generali Italia; Enea Dallaglio, MBS Consulting – A Cerved Company.
La maturità raggiunta dal welfare aziendale è la principale evidenza che emerge dal Rapporto di quest’anno: il 75% delle piccole e medie imprese italiane, 3 aziende su 4, ha infatti superato il livello medio di welfare aziendale. Triplica il numero di PMI con livello molto alto e alto, passando dal 10,3% del 2016 al 33,3% del 2024, con un aumento dell’8% negli ultimi due anni. Infine, si sono dimezzate le imprese a livello iniziale, il cui welfare consiste sostanzialmente nell’adozione delle misure previste dai contratti collettivi: dal 48,9% al 25,5%.
Dall’osservatorio emerge come si renda possibile fare leva sulle PMI per rinnovare il sistema di welfare del nostro Paese.
L’area più matura, con un tasso di iniziativa del 56,4%, è la conciliazione vita – lavoro. Seguono a breve distanza salute e assistenza, previdenza e protezione, tutela dei diritti, delle diversità e inclusione sociale, tutte con un tasso superiore al 50%. L’iniziativa delle imprese a sostegno delle famiglie per la cultura e l’educazione dei figli, con il 10% di imprese attive, sta invece muovendo i primi passi.
Il Rapporto 2024 dedica un approfondimento a un grande protagonista della scena sociale ed economica italiana: il Terzo Settore, che conta 125.000 organizzazioni iscritte al RUNTS (Registro Unico degli Enti del Terzo Settore). Il non profit in senso più ampio coinvolge 894 mila dipendenti, quasi 4,7 milioni di volontari, e produce un valore pari al 5% del PIL.
Il Terzo Settore esercita un duplice ruolo nel welfare aziendale: da un lato offre soluzioni di welfare ai propri dipendenti, dall’altro agisce come fornitore di servizi alle imprese. Gli enti del terzo settore che hanno raggiunto un livello alto e molto alto di welfare aziendale sono il 59,3%, contro il 33,3% delle imprese for profit. E in quasi tutte le aree i tassi di iniziativa sono superiori alla media delle PMI. In due aree, quelle che costituiscono la missione sociale di molti enti, raggiungono livelli di iniziativa molto superiori: nella responsabilità sociale verso consumatori e fornitori (87,2% contro 27,2%) e nella tutela dei diritti, delle diversità e dell’inclusione (82,5% contro 50,4%).
Le PMI punto di riferimento per le comunità grazie alla diffusione sul territorio e alla vicinanza alle famiglie
Una quota significativa della spesa di welfare nel nostro paese è a carico diretto delle famiglie, che sostengono il 22% della spesa sanitaria italiana, il 71% di quella assistenziale per la cura dei figli e degli anziani, il 16% della spesa per l’istruzione. Il welfare aziendale, trasferendo parte di questa spesa dalle famiglie alle imprese e trasformandola da individuale a collettiva, agisce come fattore di efficienza e di equità.
Le PMI raggiungono 11,3 milioni di famiglie con lavoratori dipendenti, il 44% delle famiglie italiane, appartenenti a tutte le fasce sociali, di cui 3,2 milioni a vulnerabilità alta o molto alta. Possono quindi rafforzare il proprio ruolo sociale erogando sostegni mirati in relazione alla condizione familiare o alla presenza di fragilità connesse alla necessità di assistere figli o persone anziane. Inoltre, le imprese possono costituire la base di un nuovo welfare di prossimità perché largamente diffuse nel territorio italiano: le PMI da 6 a 1.000 addetti, oggetto dell’indagine, sono 661.000.
Il welfare aziendale come leva strategica di gestione dell’impresa
Il 18% delle imprese oggetto dell’analisi sono caratterizzate da un welfare evoluto, ai più alti livelli di iniziativa e capacità gestionale, che considerano centrali gli obiettivi di soddisfazione dei lavoratori e di reputazione. Le aziende di questo profilo intendono il welfare come leva strategica per la sostenibilità dell’impresa e l’81% di esse ottiene i migliori risultati in termini di impatto sociale (il 53% molto alto). Determinanti l’impegno sociale coerente dell’impresa, la diffusione a tutti i livelli di una cultura aziendale orientata alla cura del benessere e alla valorizzazione delle persone, la valorizzazione delle iniziative con la comunicazione e il coinvolgimento dei collaboratori.
Il welfare contribuisce alla produttività e al successo economico
La quota di imprese con aumento di fatturato nel 2023 cresce pressoché linearmente con il livello di welfare aziendale, dal 28,8% di quelle con livello iniziale al 46,5% di quelle con livello molto alto. Gli anni successivi al contesto Covid, hanno visto una ripresa con velocità differenziate tra le piccole medie imprese italiane e quelle con livello molto alto di welfare aziendale hanno registrato la crescita più vigorosa, sia nel 2021 sia nel 2022. Rispetto agli indici di produttività, tanto il fatturato per addetto quanto il margine operativo lordo per addetto aumentano quasi linearmente al livello di welfare, raggiungendo i valori più elevati nel segmento delle imprese con livello molto alto di welfare aziendale: 470 mila euro in termini di fatturato per addetto (contro i 193 mila euro delle imprese con livello iniziale di welfare) e 29,4 mila euro in termini di margine operativo lordo per addetto (contro 10 mila euro).
Il welfare aziendale è poi correlato positivamente con la solidità finanziaria delle imprese: l’indebitamento, misurato come quota percentuale sul fatturato, decresce al crescere dei livelli di welfare, con una differenza di oltre cinque punti tra le imprese di livello iniziale (70,3%) e quelle di livello molto alto (64,5%). Inoltre, di particolare interesse è l’analisi della correlazione tra welfare aziendale e capacità competitiva delle imprese sui mercati internazionali: mediamente la quota di imprese esportatrici è dell’8%, ma passando dal livello iniziale ai livelli più elevati di welfare aziendale la quota quasi triplica, dal 5% al 14,1%.
Eugenia Maria Roccella, Ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, ha dichiarato: “La denatalità è la più grande questione del nostro tempo, perché porta con sé tutte le altre: la coesione sociale, la sostenibilità economica, l’ambiente, il senso del futuro. Il governo ha fatto della sfida demografica una propria priorità, in termini di visione, iniziativa e investimenti. Ma questa sfida richiede lo sforzo di tutti, non può essere affrontata solo attraverso la leva delle politiche pubbliche. In questa chiave il welfare assume una portata centrale e assolutamente decisiva, perché dalla capacità del mondo produttivo di agevolare la conciliazione vita-lavoro e di essere accogliente nei confronti della genitorialità passa la rimozione di uno dei più grandi ostacoli, materiali ma anche culturali, che disincentivano la natalità. Fin dal primo giorno noi abbiamo puntato molto sul coinvolgimento del lavoro e dell’impresa in questa sfida che ci riguarda tutti e deve coinvolgere tutti. Lo abbiamo fatto con misure concrete, dalla decontribuzione per le mamme lavoratrici ai fringe benefits, e con iniziative come il codice di autodisciplina per le imprese. Ma è un segnale incoraggiante il fatto che accanto all’impegno della politica e delle istituzioni si registri una crescente consapevolezza da parte del mondo produttivo.”
Giovanni Baroni, Vicepresidente Confindustria e Presidente Piccola Industria ha dichiarato: “Il welfare si dimostra ancora una volta un’eccezionale leva per accelerare crescita, produttività e sostenibilità nelle nostre imprese. Tante sono le sue declinazioni: dalla conciliazione vita-lavoro, alla formazione del capitale umano per arrivare alla salute e benessere. Su ognuna di queste le aziende possono dare un contributo importante, facendo la differenza. Tuttavia, guardando alle priorità, senza dubbio la sanità integrativa rappresenta un tassello centrale di ogni politica di welfare. Non mi sorprende, quindi, che la presenza di fondi e polizze integrative nelle Pmi sia in continua crescita. La sanità integrativa, infatti, oggi copre quasi 16 milioni di italiani tra lavoratori e familiari intercettando circa 4,5 mld di risorse, a testimonianza di quanto le aziende, attraverso i contratti collettivi, stiano investendo in questa importantissima tutela di welfare che non è più solo appannaggio delle imprese grandi, anzi. In un Paese come il nostro, dove la spesa pubblica per la salute rimane una delle più basse d’Europa, circa il 6,5% del Pil, quanto le imprese possono fare a supporto della tutela sanitaria di lavoratori e familiari è straordinario, a dimostrazione del grande ruolo sociale che svolgono ormai in ogni territorio. E il nostro auspicio è che possa crescere ancora, arrivando a raggiungere fasce ancora più ampie della popolazione italiana, in un’ottica di integrazione e supporto del Welfare State pubblico”.
Davide Peli, Presidente dei giovani imprenditori Confartigianato ha dichiarato: “Stare bene in azienda fa bene all’azienda e rappresenta anche un fattore ‘attrattivo’ nei confronti dei giovani, per i quali la flessibilità, le opportunità di autorealizzazione, l’attenzione alla responsabilità sociale d’impresa, l’equilibrio tra attività professionale e vita privata sono elementi essenziali del rapporto di lavoro. Con il welfare aziendale si migliora la produttività, si ottimizzano le risorse economiche, si incrementa lo spirito di squadra indispensabile ad affrontare le nuove sfide imposte dalla trasformazione del mercato. Confartigianato è impegnata ad offrire risposte strutturate, servizi e assistenza alla crescente e diversificata domanda di welfare degli artigiani e delle micro e piccole imprese, delle famiglie e delle comunità. Da oltre 30 anni ci occupiamo del benessere dei nostri dipendenti con gli strumenti della bilateralità, garantendo interventi su misura per il sostegno al reddito, la tutela della salute, la formazione continua, l’aggiornamento professionale”.
Sandro Gambuzza, Vicepresidente di Confagricoltura ha dichiarato:"Il Welfare Index PMI e i risultati della sua ricerca si confermano fondamentali per le imprese del nostro comparto per poter misurare l’efficacia delle proprie iniziative di welfare e confrontarsi con le esperienze più avanzate del settore”, ha commentato Sandro Gambuzza, Componente della Giunta Esecutiva di Confagricoltura, a margine dell’evento Welfare Index PMI 2024 promosso da Generali Italia, che si è svolto nella cornice romana del Salone delle Fontane. “La presenza, anche quest’anno, di aziende associate alla Confederazione tra le premiate mi riempie di orgoglio e conferma l’attenzione che ha il settore primario italiano nella diffusone di efficaci politiche di welfare all’interno delle realtà aziendali”.“Dai risultati dell’ultimo rapporto appare evidente come le imprese stiano ormai raggiungendo un alto livello di welfare aziendale – ha continuato Gambuzza –, inteso in chiave strategica, estendendolo ai dipendenti e ai loro familiari, fino all’intera comunità. Parliamo di un ambito dagli importanti risvolti: dalle politiche di conciliazione vita-lavoro alla salute e all’assistenza per i familiari, dalla previdenza integrativa alla tutela dei diritti e delle pari opportunità, fino alla promozione dell’istruzione e della mobilità sociale per le nuove generazioni”.
Laura Bernini, Responsabile Settore Welfare pubblico e privato, Confcommercio ha dichiarato: “Le misure di welfare mirate a favorire una maggior conciliazione vita-lavoro e al rafforzamento del secondo pilastro previdenziale e assistenziale rappresentano un importante aiuto per le famiglie e un significativo passo volto al superamento del gender gap occupazionale, retributivo e conseguentemente pensionistico. Il sistema multipilastro di welfare nel quale da sempre crediamo e il recente rinnovo del nostro CCNL vanno in questa direzione al fine di perseguire efficienza, equità e inclusività, agendo su servizi e costi che, in assenza di interventi di tipo collettivo, sarebbero oneri a carico delle famiglie e delle categorie più fragili”.
Gaetano Stella, Presidente di Confprofessioni, ha dichiarato: «All’interno degli studi professionali il welfare ha radici profonde. Il prossimo anno celebreremo i vent’anni di attività della Cassa di assistenza sanitaria integrativa, nata dal Ccnl degli studi professionali per offrire prestazioni di assistenza sanitaria e socio-sanitaria ai dipendenti di studio. Un lungo percorso che nel corso degli anni ha portato a estendere le tutele di welfare ai familiari dei lavoratori e quindi a tutto il personale di studio fino a coprire i professionisti datori di lavoro. Oggi il welfare è un albero robusto - come conferma il Rapporto Welfare Index Pmi 2024, al quale Confprofessioni contribuisce fin dalla prima edizione - che cresce e si ramifica giorno dopo giorno. Richiede, però, particolari cure per assecondare i profondi cambiamenti economici e sociali che si registrano all’interno delle imprese e degli studi. In quest’ottica s’innesta il recente rinnovo del Ccnl degli studi professionali. Il rafforzamento delle tutele e il potenziamento degli strumenti di welfare (pensiamo all’introduzione della giornata della prevenzione) si focalizza, in particolare, su quelle realtà di più piccole dimensioni, nella consapevolezza che la salute e il benessere di tutti coloro che operano negli studi sia alla base di ogni processo di crescita. L’obiettivo è favorire una maggior produttività, certo; ma soprattutto una sempre più diffusa cultura del benessere che si estende nella sicurezza, nella formazione, nel sostegno al reddito e nella conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, coinvolgendo sempre più i lavoratori autonomi».
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